“La vulvodinia è, per definizione, a eziologia sconosciuta”. Questo recita l’Enciclopedia Treccani, non di certo l’ultima della lista, interrogata sul significato del termine.
Ma, cosa ancor più strabiliante a cui stenterete a credere, la voce VULVODINIA si trova inserita tra i neologismi. Forse che viene dunque dalla luna? Ci piacerebbe, ma così non è visto e considerato che il termine è stato per la prima volta nominato e definito dal Dottor T.G. Thomas nel lontano 1880. Com’è quindi possibile che si trovi tra le parole senza storia?Ma tutt’altro che senza storia è quel 16% dell’universo femminile che soffre di una malattia fino a pochissimi anni fa invisibile, troppo spesso sottovalutata e ancora oggi troppo spesso non riconosciuta con il nome che le è proprio. Chiedete a loro, e vi troveranno non 1 bensì 100 definizioni a quello che è un #NODOALLAVULVA costante e persistente.”
Così recita il primo post pubblicato oggi sui profili Instagram e Facebook dell’Associazione Italiana Vulvodinia e Vulvodinia Online. #NODOALLAVULVA è il nome del progetto e relativo hashtag.
E’ l’intento di 9 ragazzi universitari che hanno deciso di buttarsi nel progetto di questa rubrica: prendere per mano coloro che soffrono della malattia e fare eco alle loro voci, affinché arrivino al di là di ogni tempo e spazio. Affinché si riconosca la malattia e nessuno resti più sia senza diagnosi.
La rubrica ha la volontà di amplificare la voce di un dolore ormai non più silenzioso tentando di liberarlo dai pregiudizi attraverso un viaggio di post e interviste costituito da più fermate, che consentono solo in parte di esplorare la multiforme e ancora troppo ignota terra della #vulvodinia.
Grazie di cuore a Azzara Francesco, Bellini Nicole, Chiavazzo Vittoria, Dinuzzi Roxana, Ernani Marika, Macrina Federico, Miaschi Martina, Pasquarelli Angelo e Soverini Beatrice del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza di Roma.
Seguite #NODOALLAVULVA tutti i Venerdì alle 19:30:
@associazioneitalianavulvodinia
